Cosa mi ravviva
ora?
Dal ponte sospeso
sopra i turchesi e le sabbie gelate
i miei occhi riflettevano
gli ultimi sorrisi del cielo
stemperate rifrazioni rosa,
come labbra che non conosco
come le tue che si fan pensare:
piccole piogge d’agosto
sulle polverose foglie del fosso.
M’hai fatto vivo
col collo profumato di resina.
M’hai dato alla luce come una madre.
Imbevuta di notturno
m’hai riempito col seno i palmi
di calore espanso ed inesausto.
Non piango sai perché manchi:
prima, luccicavano gli occhi al buio
senza il tuo pensiero
inanellato al mio,
prima, che attecchissero le tue parole
nella mia terra magra
senza vermi ne’ letame,
il buio era un cubo di pece
non la penombra ovattata e stellata
dell’abbraccio in cui son nato.
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E se ne facessimo un falò
e se ne facessimo
un dolce avvenire
di costumi bianchi
che volteggiano nell’aria
veli di pensieri
amache della pigrizia
nitori della laguna
cupole e nuvole gloriose?
Il verderame del bronzo
la specchiata nobiltà
dei baci che sanno di mare
i fluidi armoniosi
e i remi negli scalmi
occhi inumiditi
azzurri e verdi inturchesiti
demonio il vapore d’amore
ma quei piccoli sposi
volano sospesi sul fine
suono di un violino
e s’allontanano
con le volute graziose
delle foglie portate dal vento...
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